Il problema droghe della Brexit

Come esemplifica l’ampiamente criticato nuovo libro di Jacob Rees-Mogg, i Brexiteers (sostenitori della Brexit) non sono mai timidi nel celebrare il diciannovesimo secolo come l’età dell’oro del libero scambio a cui il Regno Unito deve ritornare. Ma c’è un tipo di prodotto che il Regno Unito amava scambiare che sembrano dimenticare – la droga. Dalla coltivazione di coca in Giamaica, Sri Lanka e Guyana Britannica al commercio di oppio delle Indie Orientali, così redditizio che obbligò la Marina Reale a entrare in guerra con la Cina, la Gran Bretagna vittoriana non era solo la superpotenza mondiale ma anche lo spacciatore del mondo. La commercializzazione del traffico di droga del diciannovesimo secolo e le tasse da esso generate erano una delle fonti principali di ricchezza per l’impero britannico.

Ciononostante, con la Nuova Zelanda che ha recentemente accettato di indire un referendum sulla legalizzazione della cannabis, diventando così l’ultimo paese ad aprire le porte a una riforma delle politiche sulla droga, la Gran Bretagna deve ancora avere una seria conversazione nazionale su quello a cui i capitalisti speculatori di oggi si riferiscono come il “green rush” – la crescita nel ventunesimo secolo di un commercio legale di droga.

Invece di esplorare il potenziale offerto dalla riforma delle politiche sulla droga, i Brexiteers continuano spesso a invocare leggi sulle droghe e sul crimine più severe per combattere gli accoltellamenti, la violenza delle gang o i problemi di salute mentale. L’attuale eroe-in-attesa della Brexit e il favorito dei bookmakers a diventare il prossimo Primo Ministro, Boris Johnson, si è recentemente infuriato su come le punizioni per i “boss della droga” siano “troppo morbide”, il che conduce a “reti di giovani che portano droga” causando il caos nel paese. Il suo compagno Brexiteer Ian Duncan Smith si è anche lamentato di come gli spacciatori di droga siano attualmente autorizzati ad operare “con impunità” nel Regno Unito, il che porta a un “ciclo tossico di grave violenza.” Appelli per dare alla polizia maggiori poteri per fermare e perquisire sono stati fatti da politici che supportano la Brexit, inclusi i candidati al posto di Primo Ministro Esther McVeyDominic Raab, e il Segretario di Stato per gli Affari Interni Sajid Javid, che ha arditamente dichiarato “fermare e perquisire salva vite”, dicendo che anche lui sarebbe potuto diventare uno spacciatore se avesse preso la strada di vita sbagliata.

L’idea che leggi più dure siano l’unica soluzione ai giovani intrappolati in una vita fatta di droghe, gang e violenza non solo è contraria all’ideologia liberale e di mercato dei Brexiteers, ma anche ai dati provenienti da varie parti del mondo, visto che sempre più paesi implementano riforme progressiste sulle droghe. Negli Stati Uniti, il diffondersi della marijuana legale negli ultimi anni ha portato ad una diminuzione del crimine violento negli Stati di confine. In Portogallo, la decriminalizzazione di tutte le droghe ha causato una drastica diminuzione dell’uso di droghe, overdosi, crimini legati alla droga e tassi d’incarcerazione. Il Canada, l’Uruguay e una serie di Stati americani hanno già legalizzato il mercato di cannabis ricreativa, mentre i politici britannici non sono neanche riusciti a mettere un’ampia riforma delle politiche sulla droga nell’agenda di governo. Sembra che per quanto si parli di una “Gran Bretagna Globale” che dopo la Brexit entra trionfalmente in nuove industrie d’avanguardia, il paese sia ancora troppo lento ad adattarsi al mutevole mondo moderno. Perché questi politici conservatori, in genere così veloci a parlare dei benefici della deregolamentazione e della scelta individuale, sono ancora riluttanti a rigettare un sistema di proibizionismo delle droghe di cui ci sono molto prove del fallimento e ad accettare un movimento di riforma che sta guadagnando trazione in varie parti del mondo?

Gli industriali dell’epoca vittoriana che i Brexiteers tanto ammirano avevano un approccio alle droghe molto diverso. In netto contrasto con oggi, dove consideriamo “malvagio” chi è coinvolto nel commercio di droga, nel diciannovesimo secolo il grande teorico liberale John Stuart Mill considerava moralmente “malvagio” il divieto cinese del commercio di oppio, visto che andava contro la dottrina del libero scambio. I politici conservatori dell’epoca erano d’accordo, il che portò alle Guerre dell’oppio, in cui le forze marittime britanniche hanno costretto la Cina a rivedere il suo divieto e ad accettare l’oppio proveniente dalle Indie Orientali Britanniche, proteggendo così il commercio dell’oppio come pietra angolare della politica economica imperiale britannica. A casa, beneamati scrittori inglesi come Thomas De Quincey e Samuel Coleridge celebravano le gioie romantiche dell’uso di oppio, mentre la cocaina e l’eroina venivano vendute liberamente da farmacie e negozi alimentari, usate per curare di tutto dal mal di denti al raffreddore. Anche se i Brexiteers proclamano i benefici del libero commercio del diciannovesimo secolo rimangono volontariamente ciechi riguardo l’approccio vittoriano alle droghe.

Forse questa contraddizione non indica soltanto un’ipocrisia dentro la visione della Brexit di una “Gran Bretagna Globale” che commercia liberamente ma indica anche che tutto questo gran parlare di liberalismo spesso siede di fianco a idee draconiane su disciplina e punizione. I Brexiteers sono capaci di combinare il loro credo quasi religioso di un’economia liberale commerciale al loro forte impegno per leggi sulle droghe dure, larghi poteri di fermare e perquisire e pene detentive severe perché sanno che la loro visione di una “Gran Bretagna Globale” dovrà essere supportata da un sistema giudiziario punitivo per contenere i tanti che saranno lasciati indietro? Una serie di presidenti americani da Ronald Reagan a George W. Bush sono stati capaci di combinare un’economia deregolamentata con un forte approccio “legge e ordine” su temi come droga e crimine, il che ha portato ad una società molto iniqua e una popolazione carceraria enorme, composta principalmente da persone di colore. È questo il futuro del “Regno Unito Globale”? A giudicare dalle parole dei Brexiteers che al momento tengono ostaggio il governo Conservatore e che a breve prenderanno la residenza al 10 di Downing Street, forse sì.