Il razzismo e la sorveglianza sono problemi globali. Il controllo delle droghe è un mezzo.

Proteste Black Lives Matter a Hyde Park, Londra, 3 giugno. Fonte: Katie Crampton

In una dimostrazione di impunità e mancanza di vergogna, il rapporto del coroner sulla morte di George Floyd ha affermato che la causa di morte è stata un mix di problemi di salute preesistenti e “potenti intossicanti nel suo corpo”. Il rapporto ha insinuato che la colpa della sua morte era di Floyd e del suo uso di droghe – non del soffocamento subito dal ginocchio di un agente di polizia durante un arresto a Minneapolis.

Ci sono adesso prove sostanziali che la guerra alle droghe abbia sproporzionatamente preso di mira le comunità afroamericane negli USA, risultando in una profonda ingiustizia sociale. Per decenni, i politici negli USA hanno usato paura e disinformazione per perpetuare stereotipi razzisti che legano gli afroamericani ai reati di droga, creando danni irreparabili agli individui e alle comunità. Quasi la metà delle persone nelle carceri federali per reati di droga sono afroamericane e quasi il 60% sono ispaniche. Senza includere chi si trova nelle carceri statali e locali, in cui l’impatto sproporzionato sulle comunità è ancora più chiaro.

La guerra alle droghe ha fornito l’architettura all’interno della quale le pratiche di polizia razziste e l’incarcerazione di massa possono operare – negli USA, ma anche in giro per il mondo. Come ampiamente riportato da TalkingDrugs, il razzismo sistemico e la sorveglianza razzista sono problemi globali. Lavorano insieme per svantaggiare attivamente i più poveri nella società, il che è chiaramente visibile nel disegno e nell’implementazione delle leggi sulla droga in giro per il mondo.

Possiamo osservarlo nel modo discriminatorio in cui la pena di morte per reati di droga viene applicata a livello globale; nelle pratiche di polizia razziste in giro per il mondo; e nei tassi di incarcerazione distorti che mostrano un impatto sproporzionato sulle minoranze.

Il Dr Kojo Koram cattura questo aspetto nel suo lavoro sul colonialismo e la guerra alle droghe: “il progetto del ventesimo secolo della proibizione globale delle droghe ha costantemente rafforzato le divisioni razziali o etniche all’interno delle nazioni del mondo, oltre che fra di loro.”

 

Pena di morte per reati di droga

 

Nei paesi che mantengono la pena di morte per reati di droga, il razzismo si manifesta in diversi modi.

In Indonesia, ci sono prove della discriminazione nei procedimenti giudiziari delle persone nel braccio della morte per reati di droga. Nel caso di Humphrey Jefferson, un uomo nigeriano giustiziato nel 2016, il verdetto ha incluso la riflessione che i neri che vengono dalla Nigeria sono spesso obiettivi della sorveglianza della polizia per traffico di stupefacenti.

In diversi paesi in Asia e Medioriente sappiamo che gli stranieri sono sovra-rappresentati nel braccio della morte e hanno la metà delle probabilità di riuscire a fare appello contro la pena di morte. In Arabia Saudita, almeno la metà delle persone condannate a morte per reati di droga nel 2018 sono cittadini stranieri, per la maggior parte pakistani e nigeriani. In Malesia, oltre 1,200 persone aspettano l’esecuzione; quasi la metà sono cittadini stranieri e la maggior parte è stata condannata per reati di droga.

 

Popolazioni carcerarie

 

Un impressionante 64% delle 700,000 persone incarcerate in Brasile si identificano come nere. Il Brasile ha la terza popolazione carceraria più grande del mondo e il traffico di droga è la principale causa di incarcerazione. Uno studio nella città di San Paolo nel 2017 ha scoperto che i neri avevano più probabilità di essere condannati per traffico di stupefacenti e con quantità minori rispetto ai bianchi. Gli attivisti brasiliani hanno descritto un aumento costante dell’incarcerazione insieme a una retorica sul colore della pelle che lega la gioventù alla violenza e alla droga, dicendo: “le azioni dello stato brasiliano, giustificate dal paradigma della guerra, corroborano e accentuano vulnerabilità preesistenti e violazioni legate a colore della pelle, genere, età e classe sociale.”

 

Arresti per droga

 

Nel Regno Unito, la ricerca dimostra che mentre i neri vengono fermati e perquisiti per cercare droghe a circa 7 volte il tasso dei bianchi, solo il 4.7% dei neri riporta di usare droghe, rispetto al 9% dei bianchi.

In Sudafrica, la guerra alle droghe colpisce in maniera sproporzionata i cittadini di colore. A Western Cape hanno quasi 2.5 volte più probabilità di essere arrestati per un sospetto possesso di droga rispetto ad altri gruppi. Questo pregiudizio si estende alle irruzioni nelle scuole per cercare droghe, che si limitano alle scuole più povere. Gli attivisti locali descrivono una indiscriminata restrizione di movimento e abbattimento di porte nelle comunità nere povere, cosa che ovviamente non accade nei verdi sobborghi della classe media sudafricana. 

La guerra alle droghe globale fornisce un quadro dolorosamente chiaro di quanto il razzismo sia radicato nelle pratiche della polizia e nelle sentenze ovunque nel mondo. Quindi, mentre siamo solidali con le persone che protestano la brutalità della polizia e il suprematismo bianco negli USA, dobbiamo anche capire come questi sistemi vengono applicati nel mondo. Nella lotta per i diritti umani e la dignità, è imperativo riconoscere l’impatto del colore della pelle e continuare a studiare i modi in cui i nostri sistemi, e noi come individui, perpetuiamo l’ingiustizia razziale.

Naomi Burke-Shyne è Direttore Esecutivo di Harm Reduction International. Colleen Daniels è una consulente di salute pubblica globale basata a Melbourne, Australia.