“Just say no” alle politiche di tolleranza zero: Perché le università devono adottare la riduzione del danno

È tempo di adottare un approccio di riduzione del danno nei confronti dell’uso di droghe da parte degli studenti. Nonostante da decenni le università adottino l'approccio del "just say no" ("basta dire di no"), con alcune che cercano attivamente di conseguire un idealistico "campus senza droghe", la ricerca mostra che la maggior parte degli studenti ha fatto o farà uso di droghe illecite. Ora più che mai, mentre assistiamo all'aumento dell'uso di droghe da parte degli studenti durante la pandemia COVID-19, le università devono riconoscere l'importanza di adottare un approccio di riduzione del danno e riconoscere il danno causato dalle loro attuali risposte al consumo di droga.

Secondo indagini nazionali del Regno Unito, gli studenti sono il gruppo occupazionale con la più alta prevalenza di consumo di droga. Questa tendenza è fortemente legata all'età degli studenti, dato che i giovani dai 16 ai 24 anni sono il gruppo di età più propenso a sperimentare con le droghe. Inoltre, i sondaggi nazionali come il Crime Survey for England and Wales ("Sondaggio sulla criminalità per l'Inghilterra e il Galles") probabilmente sottovalutano l'uso di droga da parte degli studenti, dato che non indagano nelle case degli studenti. Altre indagini sugli studenti, tra cui quella di Release e NUS (l’Unione Nazionale degli Studenti) del 2018, confermano che l'uso di droghe, anche se occasionale, è comune: oltre la metà della popolazione studentesca (56%) riferisce di aver fatto uso di droghe.

Nonostante ciò, continua ad esserci una preoccupante mancanza di consulenza e raccomandazioni sulla riduzione del danno da parte degli istituti di istruzione superiore. Altrettanto preoccupante è il gran numero di istituzioni che perseguono misure disciplinari formali, con alcune che hanno anche introdotto ulteriori forme di sorveglianza, le quali hanno dimostrato di essere entrambe dannose per gli studenti.

 

“Taking the Hit”: una recensione delle politiche sulle droghe negli istituti di istruzione superiore del Regno Unito

 

Nel nostro rapporto del 2018, "Taking the Hit" (“incassare il colpo”), Release e NUS hanno esaminato le politiche sulla droga di 151 istituti di istruzione superiore del Regno Unito. Abbiamo scoperto che per uno studente colto in possesso di droga, le misure disciplinari possono includere l'esclusione temporanea o permanente, lo sfratto dall'alloggio o il deferimento alla polizia. Infatti, in più di un quarto degli incidenti (26%) che coinvolgono studenti trovati in possesso di droghe per uso personale, gli studenti sono stati deferiti alla polizia dal loro istituto. Capiscono le istituzioni che non c'è nessun obbligo legale di fare ciò? O sottopongono di proposito i propri studenti, per i quali hanno un obbligo di cura e assistenza, a una punizione che potrebbe cambiare la loro vita?

Un risultato che indica un'incomprensione dell'attuale normativa britannica sulle droghe è il fatto che più della metà delle istituzioni hanno politiche che permettono la punizione di comportamenti relativi alle droghe nonostante essi non siano considerati un reato penale. Per esempio, nonostante la legge "Psychoactive Substances Act 2016" non criminalizzi il possesso di nuove sostanze psicoattive (come il protossido di azoto), sono in atto un certo numero di regolamenti che lo equiparano al possesso di una droga controllata.

Le istituzioni devono anche considerare la longeva iniquità delle leggi britanniche sulle droghe e della loro applicazione, il che significa che il rischio di essere scoperti per uso di droga, così come la severità della punizione ricevuta in seguito, è fortemente influenzata dalla propria etnia. Così come vediamo gli individui appartenenti a minoranze etniche significativamente sovra-rappresentati nel sistema di giustizia penale per reati di droga, essi sono allo stesso tempo sotto-rappresentati nei servizi di trattamento. Lo stesso governo britannico riconosce che le barriere al trattamento per gli individui di minoranza etnica includono esperienze o paure di razzismo e altre discriminazioni, oltre alla percezione che gli interventi non saranno culturalmente rilevanti o che non saranno in grado di soddisfare bisogni di base specifici o intersezionali.

Nel nostro rapporto abbiamo visto che il 40% degli studenti non si sentirebbe a proprio agio nel rivelare il proprio uso di droga per paura di una punizione da parte della propria istituzione. Jess Bradley, un funzionario trans del NUS, afferma che "le misure punitive raramente aiutano e rendono le nostre istituzioni educative complici di pratiche che impediscono agli studenti emarginati e potenzialmente vulnerabili di cercare aiuto". Sebbene sia importante riconoscere che l'uso problematico di droghe è raro, con lo sviluppo di un disturbo da uso di sostanze che si stima colpisca solo il 10% delle persone che fanno uso di droghe, i percorsi verso un supporto efficace, non giudicante, informato da esperti e non obbligatorio sono essenziali per quegli studenti che davvero vogliono questo supporto.

È tempo che le nostre istituzioni educative adottino politiche, e finanzino pratiche, basate su dati concreti, non su punti di vista moralistici o ideologici. Questo significa anche riconoscere l'ipocrisia degli istituti che vendono alcolici nei propri campus e contemporaneamente puniscono gli studenti per l'uso di droga, alla luce delle prove che dimostrano che l'alcol è la sostanza più dannosa per individui/società.

 

Riduzione del danno: Pratico, fattibile, efficace, sicuro e conveniente

 

Harm Reduction International ribadisce che "le politiche e le pratiche di riduzione del danno sono informate da un forte bagaglio di prove che dimostrano che gli interventi sono pratici, fattibili, efficaci, sicuri e convenienti". Un modello di riduzione del danno – che includa l'abbandono di misure disciplinari, l'offerta di consigli pratici da parte di esperti su come assumere droghe in modo sicuro, il “drug safety checking” (“controllo di sicurezza delle droghe”) e la possibilità di usufruire di “drug amnesty bins” (cassonetti, di solito pubblici, per potersi disfare delle proprie droghe senza essere criminalizzati) – sarebbe molto più efficace delle attuali politiche che dissuadono gli studenti dal cercare consigli. Un approccio di riduzione del danno è stato adottato da un numero crescente di istituzioni, comprese le università di Bristol e Sheffield, con alcuni primi indici di successo.

Ora più che mai le università devono esplorare un approccio di riduzione del danno. In ciò che è stata definita come "l'altra pandemia", e con un recente sondaggio NUS che ha rilevato che oltre il 50% degli studenti ha sperimentato un calo della propria salute mentale durante la pandemia, gli esperti prevedono un aumento dei problemi legati all'alcol e alla droga nel nuovo anno accademico. Nel sondaggio "Impatto del Coronavirus sugli acquisti di droga" (Coronavirus Drug Purchases Impact Survey) di Release, che sta tracciando gli acquisti di droga nel Regno Unito dall'aprile 2020, abbiamo visto più studenti che riferiscono un aumento, anziché una riduzione, del proprio consumo di droga dall'inizio della pandemia di COVID-19, nonostante le inediti interruzioni del mercato della droga.

Il Regno Unito sta anche vivendo l'ottavo anno di record di decessi legati alla droga, compresi i decessi per MDMA e cocaina, che sono tra le sostanze più comunemente usate dagli studenti dopo la cannabis. Mentre tali tragedie sono relativamente rare tra la popolazione studentesca, con molti studenti che arrivano o tornano all'università con meno esperienze di vita notturna e della propria tolleranza verso certe sostanze, le università devono fare di più per fornire ai loro studenti conoscenze pratiche di riduzione del danno, compresi i pericoli di mescolare certe sostanze, e l'importanza di iniziare con una dose bassa.

 

Nessun obbligo legale per le politiche di tolleranza zero

 

Mentre le università possono temere che queste politiche che hanno il potenziale di salvare vite siano erroneamente percepite come "condono" dell'uso di droghe, non c'è nessun obbligo legale per le università di adottare una politica di tolleranza zero sulle droghe. Le università non sono penalmente responsabili se gli studenti sono in possesso di droghe illecite, ma sono tenute a prendere provvedimenti per prevenire il ripetersi di una serie molto specifica di comportamenti. Questi comportamenti includono l'offerta e la produzione di droghe illegali e il fumo di cannabis (o oppio).

La discrezione a disposizione delle università dovrebbe essere vista come un'importante opportunità per le istituzioni di istruzione superiore per essere all'avanguardia delle politiche basate sull'evidenza, per promuovere la giustizia sociale e minimizzare i danni causati dalle attuali leggi sulle droghe.

Stephen Cutter, un avvocato di Release, spiega: "Un'università non è penalmente responsabile solo perché uno studente un giorno fuma uno spinello, ma potrebbe, prima o poi, diventare imputabile se è risaputo che ciò accade e non viene presa alcuna azione che possa dissuaderlo/a dal continuare".

Continua: "queste azioni non devono essere draconiane, come sfratti immediati, interdizioni totali dai luoghi dell’università o denunce alla polizia. Ciò che deve esistere è la prova che l'università non permette questi comportamenti specifici, né distoglie lo sguardo quando si rende conto che stanno accadendo. C'è un grande livello di discrezione a disposizione delle istituzioni quando si decide come gestire tutto ciò. Quello che vorrei sottolineare è che i risultati più importanti non devono per forza essere i primi - un'università potrebbe ottenere ciò che deve ottenere attraverso qualche forma di monito crescente, accompagnato da sforzi per de-stigmatizzare l'uso di droga e offrire supporto pratico e informazioni al posto di punizioni".

 

 

Se hai domande inerenti alle droghe o alle leggi che le circondano, contatta Release, il centro nazionale di competenza sulle droghe e le normative sulle droghe nel Regno Unito (helpline: 020 7324 2989, email: ask@release.org.uk).

* La dottoressa Laura Garius si è unita a Release come responsabile delle politiche nell'autunno del 2020. È una criminologa e ha ottenuto il suo dottorato alla Loughborough University. Laura ha tenuto il corso “Drugs and Society” per gli studenti della Nottingham Trent University e ha fatto ricerche sui danni causati sia dall'alcol che dalla droga. Ha condotto ricerche assieme ai fruitori dei servizi di riduzione del danno, oltre che con indagini su larga scala, e si batte per approcci di riduzione del danno, per una politica sulle droghe basata su dati concreti e per la giustizia sociale.