La Crisi Degli Oppiacei Di Cui Nessuno Parla

Papavero da oppio (Fonte: Sajar/Flickr

Mentre le morti per overdose da oppiacei continuano a crescere vertiginosamente in molti paesi occidentali, tre quarti della popolazione mondiale affronta una diversa seppur devastante crisi: un inadeguato accesso agli analgesici oppiacei nella terapia del dolore.

Il diritto internazionale sottolinea che deve essere consentito l'accesso agli analgesici oppiacei a coloro che ne hanno bisogno. La Convenzione Unica sugli Stupefacenti del 1961 delle Nazioni Unite, il fondamento delle moderne leggi in materia di droga, stabilisce che: “l'uso medico degli stupefacenti è indispensabile al fine di alleviare il dolore... [dunque] devono essere prese le misure dovute al fine di assicurare che gli stupefacenti siano disponibili a tale scopo”. Il diritto universale al miglior stato di salute possibile obbliga tutti gli stati ad assicurare l'accesso a tali sostanze per scopi medici. L'accesso agli oppioidi è particolarmente importante, dal momento che queste droghe riescono a bloccare i segnali che viaggiano dal sistema nervoso fino al cervello del paziente – riducendo così il dolore.

Tuttavia, nel 2015, il Consiglio Nazionale per il Controllo dei Narcotici (INCB) ha stimato che circa 5.5 miliardi di persone vivono in paesi con “livelli bassi, o inesistenti, di accesso a medicinali contenenti stupefacenti, e hanno un inadeguato accesso a terapie per il dolore da moderato a forte”.

Un articolo apparso di recente sulla rivista The Lancet ha descritto un “vasto e profondo” abisso tra i paesi ricchi nei quali è presente una eccessiva disponibilità di oppioidi, e i paesi in via di sviluppo dove, al contrario, è presente una grave mancanza di accesso e utilizzo. Un vertiginoso 90 per cento della morfina mondiale, l'oppioide più comunemente prescritto, è consumato dal 10 per cento della popolazione più ricca.

L'incapacità di assicurare un adeguato accesso a terapie per alleviare il dolore ha scatenato le critiche degli esperti per la salute e per la prevenzione della tortura dell'ONU. In un recente documentario prodotto dalla BBC, Diederick Lohman, direttore sanitario del Human Rights Watch, ha dichiarato che negare alle persone l'accesso a queste medicine “significa torturarle”, e che molte di queste persone decidono di suicidarsi a causa dell'intenso dolore che sperimentano.

Nonostante questo profondo divario nella fornitura di terapie del dolore corrisponda in larga misura alla differenza di ricchezza nel mondo, il costo degli oppioidi non costituisce il problema principale. Una compressa di morfina costa mediamente sui 3 centesimi e, secondo quanto riportato dal The Lancet, fornire morfina a sufficienza per scopi palliativi a chiunque ne abbia bisogno in tutto il mondo costerebbe 145 milioni di dollari all'anno. Sebbene non si tratti di una piccola cifra, non è niente in confronto ai circa 100 miliardi di dollari spesi ogni anno per rafforzare la lotta alla droga a livello mondiale. È proprio questa guerra alla droga che giace alla radice del problema.

La INCB ha da sempre fatto pressione sugli stati affinché limitassero l'uso di oppioidi, visto che la soppressione dell'uso illecito delle droghe ha sistematicamente costituito la priorità rispetto all'accessibilità in campo medico – e i rigidi controlli promossi dall'INCB hanno sempre avuto un effetto sproporzionato sui paesi in via di sviluppo. Ad esempio, l'INCB – fino a poco tempo fa – aveva imposto che solo i dottori potessero prescrivere oppioidi. Ma paesi in cui sono le infermiere a prescrivere i farmaci, a causa della scarsità di medici, devono fare i conti con l'incapacità di fornire sufficienti terapie del dolore ai pazienti.

Nonostante la INCB ora riconosca tale mancanza, la cultura della paura promossa per molti anni dal Consiglio, e denominata da alcuni “oppiofobia”, resta radicata in molti paesi in via di sviluppo.

Questa oppiofobia è stata senza dubbio accentuata dalla recente crisi di morti causata dagli oppioidi negli Stati Uniti. Sebbene ci siano importanti lezioni da imparare dall'esperienza americana, sarebbe comunque bene non esasperare la situazione. Meg O'Brien, fondatrice di Treat the Pain- un programma internazionale che si occupa di migliorare l'accesso ai farmaci contro il dolore nei paesi in via di sviluppo – precisa che l'aumento dei danni derivanti dall'uso di oppioidi in un determinato paese non dovrebbe avere come conseguenza quella di frenare l'uso di oppioidi contro il dolore in altri paesi: “negli Stati Uniti dilaga anche un'epidemia di obesità, ma nessuno propone di trattenere gli aiuti alimentari destinati al Sudan del Sud”, ha precisato.

Gli esperti affermano che occorre trovare un equilibrio tra garantire un accesso sufficiente agli oppioidi da un lato e allo stesso tempo assicurarsi che questi non risultino troppo facili da reperire, evitando così che vengano utilizzati in modo improprio. Il problema negli USA, insieme ad altri paesi che stanno sperimentando una crisi di morti relative agli oppioidi, non è dunque costituito dagli oppioidi di per se, ma è imputabile piuttosto alla mancanza di un efficace controllo e regolazione della distribuzione – in molti casi aggravato dalla pubblicità imprecisa delle case farmaceutiche.

Inoltre, molti paesi sviluppati non trattano a sufficienza il dolore ", ha affermato Willem Scholten, esperto in materia di accesso a medicinali controllati, che ha lavorato per molti anni per l'Organizzazione Mondiale della Sanità. "Si pone spesso troppa enfasi sulla prevenzione dell'uso non medico degli oppioidi, mentre il contributo del dolore al carico globale della malattia (che è misurato in DALY: anno di vita corretto per la disabilità) è circa 37 volte più alto.

"Inoltre, molto spesso, la situazione è analizzata in modo sbagliato. Anche negli Stati Uniti, il problema non è causato da persone a cui sono stati prescritti oppioidi contro il dolore. La distinzione tra medicinali soggetti a prescrizione e farmaci prescritti non è chiara, così come non è chiara la distinzione tra il fentanyl medicinale e i fentanil illeciti usati per adulterare l'eroina. Di conseguenza, i pazienti con dolori vengono privati dei loro medicinali e ora sperimentano un dolore ancora più forte. Dal mio punto di vista, queste politiche equivalgono alla tortura ".

Un paese che cerca attivamente di trovare il giusto equilibrio è l'Uganda. Il governo produce tutta la sua morfina ad uso orale e la distribuisce gratuitamente a chi ne ha bisogno. Questo approccio non solo esclude Big Pharma, ma consente anche al governo di monitorare rigorosamente l'offerta e l'utilizzo. Inoltre, la morfina ad uso orale è più facile da controllare e molto meno probabile che conduca all'abuso poiché, secondo un rapporto del Journal of Pharmacology and Pharmacotherapeutics, "non è in grado di produrre lo 'sballo' che produce la morfina per via endovenosa".

Anche se l'Uganda è salito al 35° posto nella classifica mondiale 2015 stilata dall'Economist per la qualità della morte, la situazione è ancora lontana dall'essere perfetta - dal momento che meno del 20 per cento del fabbisogno di oppioidi del paese è attualmente soddisfatto. Nondimeno, segna un passo significativo nella giusta direzione, e molti altri paesi africani - tra cui Ruanda e Swaziland - hanno iniziato a seguire l'esempio dell'Uganda.

Con i riflettori puntati sulla crisi negli Stati Uniti, esiste un'opportunità per gli esperti e le autorità sanitarie globali e nazionali di rivalutare e riequilibrare l'intero sistema di controllo della droga a favore della salute. Per ora, continua a esserci il pericolo che l'attenzione per l'uso eccessivo porti a un'applicazione generalizzata di politiche ancora più severe nei paesi in via di sviluppo, con conseguenze devastanti per milioni di persone che continuano a soffrire inutilmente.